Enzo
Oggi, 4 aprile ricorre il 54° anniversario dell'assassinio di Martin Luter king, forse per me la prima testimonianza di lotta nonviolenta per la giustizia. Negli anni della scuola media ero molto recalcitrante alla lettura. Mia madre, insegnante di lettere, si disperava e lottava con la mia pigrizia, proponendomi sempre qualcosa da leggere... Cedetti e lessi finalmente quel libro di narrativa sul M.L. King che mi appassionò molto e penso segnò molto la mia formazione e gli ideali che ancora coltivo.
Grazie M.L. King e grazie mamma!
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Sebbene la violenza non sia lecita, quando essa viene usata per autodifesa o a protezione degli indifesi essa è un atto di coraggio, di gran lunga migliore della codarda sottomissione[1].
Anche se crediamo nella non-violenza, non sarebbe giusto che ci rifiutassimo, per codardia, di difendere i deboli[2].
Credo che nel caso in cui l’unica scelta possibile fosse quella tra la codardia e la violenza, io consiglierei la violenza
[1] Harijan, 27 ottobre 1946; cit. in G. Pontara, L’antibarbarie, op. cit., p. 84.
[2] Gandhi commenta la BhG, p. 40; poco dopo aggiunge: «Potrei essere disposto a prendere in braccio un serpente, ma se ne viene uno per mordervi, sarei obbligato ad ammazzarlo per difendervi».
Ricevo ieri una lettera da un amico che ha alcuni dubbi sulla guerra in Ucraina. Se sia giusto Vorrei riflettere un po’ a monte delle questioni e delle domande che ti poni, che anch’io mi sono posto e che in molti ci poniamo, da nonviolenti, di fronte a questa guerra.
E vorrei che insieme riconoscessimo, in questo come in altri momenti, che
alcune domande non hanno risposta (e alcune non hanno senso)
alcune domande non è lecito porle né a noi stessi né a chi vive un conflitto da aggredito
ad alcune domande non abbiamo informazioni e conoscenze generali (storiche, geografiche, sociologiche, ecc.) per rispondere
ad alcune domande non abbiamo la forza spirituale (la fede) per rispondere (COROLLARIO: le risposte di verità non possono fondarsi solo su conoscenze razionali. Esse per essere credibili devono discernere da un interrogativo intimo, da un’interrogazione della nostra coscienza)
ad alcune domande che ci chiedono aiuto non abbiamo la forza fisica e le risorse materiali per intervenire, ma avremo sempre forza e risorse per fare qualcosa.
Tra le domande che non hanno risposta inserirei tutte quelle del tipo “che cosa avrebbe fatto o detto Gandhi in questa situazione?”. Gandhi come tutti i maestri dell’umanità (compreso Gesù) ci ha lasciato un percorso e una testimonianza, alla quale possiamo ispirarci nella nostra storia e nel nostro tempo. Spetta solamente a noi capire e fare ciò che è giusto fare. Gandhi è stato il primo a contestare il gandhismo rivendicando lui stesso il diritto alla non-coerenza con quanto da lui affermato precedentemente… Alcune cose dette da lui sono oggi superate. Tra queste per esempio frasi del tipo «la Palestina appartiene ai palestinesi come l’Inghilterra appartiene agli inglesi e la Francia appartiene ai francesi». Oggi nel contesto di globalizzazione e di migrazioni di popoli e nazioni da noi depredate che rivendicano il diritto di abitare e vivere costruttivamente in territori diversi da quelli di origine non mi sentirei di sottoscrivere perentoriamente che l’Italia appartiene agli italiani e così via…
Tra le domande che non è lecito porsi ce n’è una che anche i pacifisti non devono fare e cioè “è giusto che una persona o un gruppo aggredito si difenda con le armi?”. E non mi pare che il mondo dei pacifisti stia dando una risposta a questa domanda, alla quale peraltro come tu e altri ricordano, già Gandhi rispondeva ... Se non vedono altra soluzione, non solo hanno il diritto, ma il dovere di farlo.
Ma noi stiamo rispondendo ad un'altra domanda ossia: “è giusto che lo Stato Italiano invii armi all’Ucraina?” Qui da cittadini italiani abbiamo innanzi tutto il diritto di esprimere un’opinione (cosa che è messa quotidianamente in dubbio, su un piano politico e istituzionale come le censure della RAI confermano…). Da nonviolenti abbiamo, secondo me, il dovere di opporci con tutti i mezzi all’invio di armi, in base alle nostre conoscenze storico-politiche generali (che dimostrano che i conflitti armati difficilmente portano a situazioni durature e vantaggiose per gli aggrediti). Quindi - al di là di ciò che chiede Zelenski – in coscienza e per il bene del popolo Ucraino non dobbiamo inviare armi, attivando al contempo ogni azione alternativa a questa risposta. La carovana a Kiev di centinaia di associazioni e cittadini italiani che, non solo hanno portato aiuti e facilitato l’esodo di cittadini ucraini dalle zone di guerra, ma ha incontrato e ascoltato la società civile, mi pare si muova in questa direzione.
Ci si potrà dire “questa non è una soluzione alla violenza e alla guerra”. E si potrà rispondere: “neanche le armi agli ucraini sono una risposta alla violenza! Semplicemente la raddoppiano!. Dall’incontro con la popolazione può forse emergere la risposta che non abbiamo. Emergerà? Forse. Oggi non abbiamo elementi per dirlo. Ma abbiamo motivi per crederlo.
Riguardo alla conoscenza e al dovere di conoscenza del contesto ucraino rispetto al quale tu abbozzi qualche considerazione, sto trovano utile l’ebook I pacifisti e l’Ucraina Le alternative alla guerra in Europa, segnalato da Loredana qualche giorno fa nella nostra chat che comunque ti allego. Dal saggio di Donatella della Porta, per esempio, emerge che non è vero che il popolo ucraino sconosca la nonviolenza praticata con azioni di disobbedienza civile, sit-in e scioperi generali organizzati dal movimento di opposizione durante le proteste a Maidan del 2004 che hanno rappresentato il momento centrale della "Rivoluzione arancione".
Concludendo, il documento predisposto con Maria Annibale e Cecilia è un piccolo contributo teorico, ma anche pragmatico per rispondere alla domanda fondamentale che alla fine ci poniamo tutti: che cosa possono fare i nonviolenti oggi di fronte alla guerra in Ucraina?
Mi pare che esso contenga delle risposte che ci fanno uscire anche dalle sacche dei tranelli della mente e di qualche malizioso militarista che ci domanda che cosa faremmo di fronte al bruto che violenta nostra madre o una fanciulla indifesa. Noi non siamo di fronte a questa situazione ma di fronte alla guerra in Ucraina … da Palermo. E su questo “qui ed ora” che dobbiamo dare una risposta pertinente.
Ti abbraccio
Enzo
Preghiera del Fuoco
Venerdì 15 maggio, ore 20,00
Guida Enzo
Cari tutti e tutte,
riuniti insieme attorno al fuoco o dinanzi la luce di una candela, rendiamo sacro questo momento.
In questo tempo, l’evento pandemia ha riportato alla ribalta anche la dimensione religiosa, creando domande e fraintendimenti e ci fanno interrogare sulla maturità delle nostre fedi.
La prima questione è se abbia senso chiedere a Dio che questa pandemia si concluda. La seconda è relativa alla questione della riapertura dei luoghi di culto. Da una parte si sottovaluta l’importanza e l’esigenza - più che legittima per i cristiani - di incontrarsi nella vicinanza dei corpi fisici, per creare, anche attraverso di essi, un unico corpo spirituale (si dice nella Messa: lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo…). Dall’altra si dà forse troppa importanza ai templi, come se l’atto sacro dell’incontro non potesse (o forse dovesse) svolgersi fuori da un luogo ad esso specificamente dedicato e non anche in tempi e “luoghi qualunque”.
Questa inquietudine mi ha riportato alla mente una celebrazione eucaristica durante un campo scout in cui il nostro assistente per fare “la comunione” volle usare, al posto delle ostie, lo stesso pane e lo stesso vino che avevamo consumato a pranzo. Qualche anno, dopo durante un incontro con Padre Balducci, lui sostenne, facendo scandalizzare un’anziana signora, che in Cina l’Eucarestia potrebbe più opportunamente esser fatta con il riso e con il tè. Signore fa che impariamo a contemplarti "nella Vita" e non al di fuori di essa.
Da: Resistenza e resa di Dietrich Bonhoeffer
«…Per me è […] evidente che non dobbiamo attribuire a Dio il ruolo di tappabuchi nei confronti dell'incompletezza delle nostre conoscenze; se infatti i limiti della conoscenza continueranno ad allargarsi — il che è oggettivamente inevitabile — con essi anche Dio viene continuamente sospinto via, e di conseguenza si trova in una continua ritirata. Dobbiamo trovare Dio in ciò che conosciamo: non in ciò che non conosciamo. Dio vuole esser colto da noi non nelle questioni irrisolte, ma in quelle risolte.
Questo vale per la relazione tra Dio e la conoscenza scientifica. Ma vale anche per le questioni umane in generale, quelle della morte, della sofferenza e della colpa. Oggi le cose stanno in modo tale che anche per simili questioni esistono delle risposte umane che possono prescindere completamente da Dio. Gli uomini di fatto vengono a capo di queste domande - e così è stato in ogni tempo - anche senza Dio, ed è semplicemente falso che solo il cristianesimo abbia una soluzione per loro. Per quel che riguarda il concetto di «soluzione», le risposte cristiane sono invece poco (o tanto) cogenti esattamente quanto le altre soluzioni possibili. Anche qui, Dio non è un tappabuchi; Dio non deve essere riconosciuto solamente ai limiti delle nostre possibilità, ma al centro della vita; Dio vuole essere riconosciuto nella vita, e non solamente nel morire; nella salute e nella forza, e non solamente nella sofferenza; nell'agire, e non solamente nel peccato. La ragione di tutto questo sta nella rivelazione di Dio in Gesù Cristo. Egli è il centro della vita, e non è affatto «venuto apposta» per rispondere a questioni irrisolte. Partendo dal centro della vita determinate questioni vengono semplicemente a cadere, e parimenti viene a cadere la risposta ad esse …»
Dal Dialogo tra Gesù e la Samaritana (Gv 4,19-24)
… «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».
Dal Vangelo secondo Matteo (18,18-20)
«In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Preghiamo con Etty Hillesum
Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi.
Stanotte per la prima volta ero sveglia
al buio con gli occhi che mi bruciavano,
davanti a me passavano immagini
su immagini di dolore umano.
Ti prometto una cosa, Dio,
soltanto una piccola cosa:
cercherò di non appesantire l’oggi
con i pesi delle mie preoccupazioni per il domani –
ma anche questo richiede una certa esperienza.
Ogni giorno ha già la sua parte.
Cercherò di aiutarti
affinché tu non venga distrutto
dentro di me,
ma a priori non posso promettere nulla.
Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me,
e cioè che tu non puoi aiutare noi,
ma che siamo noi a dover aiutare te,
e in questo modo aiutiamo noi stessi.
L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi,
e anche l’unica che veramente conti,
è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio.
Forse possiamo anche contribuire a disseppellirti
dai cuori devastati di altri uomini.
Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto
per modificare le circostanze attuali
ma anch’esse fanno parte di questa vita.
Io non chiamo in causa la tua responsabilità,
più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi.
E quasi a ogni battito del mio cuore,
cresce la mia certezza: (…)
tocca a noi aiutare te,
difendere fino all’ultimo la tua casa in noi.
Esistono persone che all’ultimo momento
si preoccupano di mettere in salvo
aspirapolveri, forchette e cucchiai d’argento –
invece di salvare te, mio Dio.
Il sentimento che ho della vita è così intenso e grande,
sereno e riconoscente,
che non voglio neppur provare a esprimerlo in una parola sola.
In me c’è una felicità così perfetta e piena, mio Dio.
Probabilmente la definizione migliore
sarebbe di nuovo la sua: “riposare in sé stessi”,
e forse sarebbe anche la definizione più completa
di come io sento la vita: io riposo in me stessa.
E questo “me stessa”,
la parte più profonda e ricca di me in cui riposo,
io la chiamo “Dio”.
Nel diario di Tide ho trovato spesso questa frase:
Padre, prendilo dolcemente fra le tue braccia.
È così che mi sento,
sempre e ininterrottamente:
come se stessi fra le tue braccia, mio Dio,
così protetta e sicura e impregnata d’eternità.
Come se ogni mio respiro fosse eterno,
e la piccola azione o parola avesse
un vasto sfondo e un profondo significato....
Amo così tanto gli altri perché amo in ognuno un pezzetto di te, mio Dio.
Ti cerco in tutti gli uomini e spesso trovo in loro qualcosa di te.
E cerco di disseppellirti dal loro cuore, mio Dio.
CANTO:
Ô toi, l'au-delà de tout
Ô toi l'au-delà de tout,
Quel esprit peut te saisir ?
Tous les êtres te célèbrent ;
Le désir de tous aspire vers toi.
Ô toi l'au-delà de tout,
Quel esprit peut te saisir ?
Tous les êtres te célèbrent ;
Le désir de tous aspire vers toi.
Ô toi l'au-delà de tout,
Quel esprit peut te saisir ?
Tous les êtres te célèbrent ;
Le désir…
Preghiera del fuoco
Noi siamo tutti passanti e pellegrini
Accendiamo dunque un fuoco all’incrocio
all’indirizzo dell’Eterno
Formiamo il cerchio e facciamo un tempio nel vento
Facciamo di questo luogo qualunque un tempio
Perché il tempo è giunto di adorare in spirito e verità,
di rendere grazie in ogni luogo e in ogni tempo.
Mettiamo un termine al tempo,
un centro alle tenebre esterne
e rendiamoci presenti al presente.
Questo presente che abbiamo invano inseguito nelle nostre giornate
mentre era lontano da noi nel momento in cui era,
eccolo davanti ai nostri occhi e nei nostri cuori, il presente
Il fuoco è il presente che brucia e brilla,
è il presente che prega.
Il fuoco è il sacrificio di ciò che brucia,
il calore della vita e la gioia degli occhi.
È la morte delle cose morte
E il loro ritorno alla luce.
Fuoco di gioia, sofferenza e gioia l’una nell’altra,
l’amore è la gioia nella sofferenza.
Il fuoco è la vita e la morte l’una nell’altra,
l’apparenza che si consuma e la sostanza che appare
Cantiamo gloria nella lingua del fuoco
evidente e chiara a tutti gli uomini.
E voi gente che passate sulla strada dei quattro venti
entrate nel cerchio e dateci la mano.
Soffia su di noi, Signore,
perché la nostra preghiera salga in fiamma.
Perché il nostro cuore di legno morto e di spine
e la sua breve e vacillante scintilla di vita
servano a nutrire un po’ la tua Gloria
AMEN